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PRESENTAZIONE

Le cronache dei primi anni del '900 riportarono come fatto nuovo il problema dell'urbanesimo, il sovraffollamento delle città e, come immediata conseguenza, la carenza degli alloggi, il rincaro degli affitti e l'addensamento di nuclei familiari in pochi vani. Con la legge 254 del 31 maggio 1903 e successivi regolamenti, lo Stato Italiano emise il primo provvedimento organico inteso a ricercare un rimedio all'assillante problema delle abitazioni minime; mentre con la legge 85 del 27 febbraio 1908, il nuovo Testo Unico ed il successivo regolamento 528 del 12 agosto 1908, si incoraggiarono le costruzioni residenziali attraverso benefici di carattere fiscale e finanziario. Gettate così le basi dell'edilizia economico-popolare, nacque nelle principali città italiane, l'Istituto per le Case Popolari.

Il documento più antico rinvenuto negli archivi dell'I.A.C.P. di Caserta, dà conto di una seduta consiliare datata maggio 1921.

La lunga tradizione, in materia di edilizia economica e popolare, iniziata nel corso del XIX secolo, si è, poi, sviluppata successivamente in tre grandi fasi ben distinte tra loro.

Alla prima fase appartengono i provvedimenti legislativi succedutisi dal primo dopoguerra al 1971, che si sono basati sul quadro giuridico introdotto dal Testo Unico sull'Edilizia Popolare ed Economica del 1938 (R.D. 28 aprile 1938, n.1165), dal quale sono nati gli Istituti Autonomi Case Popolari.

In tale fase si sono realizzati principalmente il piano INA-CASA nato con la legge n.43 del 28 febbraio 1949 (legge Fanfani) e il piano GESCAL (1963-1973), istituita con la legge 14 febbraio 1963, n.60, che ha operato avvalendosi della legge 18 aprile 1962, n.167.

La seconda fase (1971-1995) è caratterizzata dalla legge quadro sulla casa 22 ottobre 1971, n.865, istitutiva degli IACP come unici referenti dello Stato in materia di edilizia residenziale pubblica e dalle leggi n.10 del 28 gennaio 1977 sul regime dei suoli, n.513 dell'8 agosto 1977 sulla vendita degli alloggi e n.457 del 5 agosto 1978 (piano decennale per l'edilizia).

La legge 865/71 ha rappresentato una tappa fondamentale nello sviluppo della legislazione che ha regolato l'intervento pubblico in edilizia residenziale. Essa ha introdotto il principio di una programmazione unitaria di tutti gli interventi di edilizia residenziale pubblica e la riorganizzazione degli organi e degli enti preposti a tale scopo. Per quest'ultimo aspetto la legge ha provveduto all'eliminazione di tutti gli enti pubblici operanti nel settore con la sola eccezione degli IACP che sono divenuti gli unici soggetti incaricati dell'esecuzione degli interventi di edilizia residenziale pubblica. La legge istituì un nuovo organo centrale, il CER (Comitato per l'Edilizia Residenziale) per la distribuzione dei fondi previsti in esecuzione dei programmi pubblici di edilizia residenziale alle singole Regioni, alle quali veniva affidata la localizzazione degli interventi e la loro attuazione mediante la scelta dei soggetti esecutori pubblici (IACP) e privati (cooperative edilizie). La legge, disciplinando un nuovo regime di esproprio per quanto riguarda le aree, ha rimediato alle carenze della legge n.167/62, rendendone possibile il reperimento ad un prezzo non elevato sia all'interno che all'esterno dei centri urbani.

Nella seconda fase notevoli sono stati l'importanza e l'apporto della legge n.457/78 che ha previsto un piano decennale di edilizia residenziale riguardante:

  • gli interventi di edilizia sovvenzionata diretti alla costruzione di abitazioni e al recupero del patrimonio edilizio degli enti pubblici;
  • gli interventi di edilizia convenzionata e agevolata diretti alla costruzione di abitazioni e al recupero del patrimonio edilizio esistente;
  • l'acquisizione e l'urbanizzazione di aree destinate agli insediamenti residenziali.
La legge n.457/78 ha anche rivisitato l'assetto istituzionale centrale, rideterminando le funzioni del CIPE, del CER e delle Regioni, alle quale veniva demandato il compito di formulare, sulla base del piano nazionale, i propri programmi quadriennali e i progetti biennali di intervento, dopo aver individuato il fabbisogno abitativo regionale.

Sulla base della legge n.457 e del DPR 24 luglio 1977, n.616 sul decentramento, il CIPE, su proposta del CER, in data 19 novembre 1981 deliberava di approvare i criteri generali per le assegnazioni degli alloggi di edilizia sovvenzionata e per la determinazione dei relativi canoni, che costituiscono principi direttivi cui le Regioni devono uniformarsi nell'esercizio della loro attività legislativa in materia di assegnazione e locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e di fissazione dei relativi canoni.

La legge 865/71 e la legge n.457/78 hanno concretizzato il decentramento di alcune funzioni dallo Stato alla Regioni, ma non hanno apportato sostanziali modifiche all'assetto degli enti pubblici che operavano nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica.

Negli anni Novanta, maturata ormai la consapevolezza dell'importanza anche per l'ente pubblico di essere in grado di operare con i criteri di economicità e di efficienza tipici dell'impresa privata, emerge l'esigenza di dotare gli enti preposti allo sviluppo delle politiche di edilizia residenziale pubblica (IACP) dei mezzi necessari al raggiungimento degli obiettivi che già negli anni Settanta l'operatore pubblico si era proposto di raggiungere ma che non era riuscito a realizzare con le leggi 865/71 e seguenti.

La terza fase, nella regione Campania, non ha ancora trovato attuazione, laddove si consideri la mancata trasformazione della natura giuridica dei cinque I.A.C.P. operanti nel territorio regionale (uno per ogni provincia). Invero, l'iter della tanto attesa legge di riforma, non ha ancora trovato conclusione, nonostante molteplici e sempre più gravi si palesino i problemi connessi alla gestione di un patrimonio pubblico che gli II.AA.CC.PP. della Campania sono chiamati a gestire con i vincoli dettati dal Legislatore regionale ma senza l'autonomia necessaria per conseguire quantomeno il pareggio tra costi e ricavi.

E' essenziale, dunque, che nel rinnovato processo di modernizzazione e nel rispetto del generale principio costituzionale di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, le Autorità coinvolte individuino percorsi snelli, chiari ed efficaci se, come si sente da più parti, il benessere di una società si misura – innanzitutto - dalla qualità dei servizi resi alla collettività. 

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